Il futuro è artigiano: il lavoro artigiano è una delle cifre della cultura e dell’economia salentina; se si tornasse a scommettere su di esso, contaminandolo con i “nuovi saperi” tecnologici e aprendolo alla globalizzazione, il Salento si ritroverebbe tra le mani un formidabile strumento di crescita e innovazione.
Come dimostrano alcune delle più dinamiche imprese italiane (da Geox a Zamperla, da Gucci a Valcucine) il “saper fare” rimane un ingrediente indispensabile per l’intero manifatturiero italiano, che, alla fine, è uno dei pochi settori vitali della nostra economia.
E' necessario guardare l'artigianato con occhi diversi, nuovi: dobbiamo ripartire e cambiare le idee, mescolando le abilità artigianali con le competenze industriali; le capacità dei tecnologi e dei manager con quelle, straordinarie, dei tecnici e degli artigiani.
Il lavoro artigianale svolge anche un'importantissima azione sociale, perchè non restituisce dignità solo alle cose ma anche alle persone, è necessario operare in modo di riscoprire il “saper fare”, fondendolo con i “nuovi saperi.” In un luogo meraviglioso come il nostro Salento, famoso per i suoi prodotti di qualità, e dove la disoccupazione giovanile è altissima ma scarseggiano carpentieri, fornai, sarti e scalpellini, non sembra una cattiva idea.
Combinare artigiano e alta tecnologia, insomma. Noi abbiamo seguito acriticamente l’idea che esistesse una conoscenza astratta-scientifica che si traduceva automaticamente in valore economico. È più complicato di come pensavamo. C’è molta intelligenza nel fare, soprattutto quando i prodotti sono pensati per clienti con richieste specifiche o devono evolvere rapidamente nel tempo.
Se si inizia a ragionare diversamente e a vedere nell’artigianato una risorsa, si ottiene di colpo un acceleratore di innovazione di cui non si riesce nemmeno a immaginare la portata. Anziché giocare alla guerra dei mondi, pensi a cosa si potrebbe fare combinando gli artigiani della meccanica, o della moda, o del vetro, e abbinandoli a un ingegnere, a un esperto di comunicazione. Impegnamoci a cambiare mentalità: cerchiamo di valorizzare quello che abbiamo e facciamolo nel senso economico e culturale del termine. Negli ultimi dieci anni, il numero dei cosiddetti creativi si è centuplicato. Mentre il numero degli artigiani è rimasto lo stesso, o è addirittura calato. Quello che deve fare la nostra economia è ragionare proprio sulla saldatura tra il secondario e terziario, tra servizi e industria. Avere tante fabbriche ormai serve a poco: molto più utile combinare le competenze artigianali di cui ancora disponiamo con quelle degli ingegneri, dei ricercatori, dei medici, degli esperti di comunicazione. Un cocktail così può generare l’inverosimile, a condizione che la nostra cultura riconosca il saper fare come un vero sapere.
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