Potrei
tracciare la figura di Renata Fonte durante la sua presenza a Nardò, in quanto
ho vissuto in buona parte le vicende della sua vita e della sua attività, ma in
questa occasione non è in discussione quello che lei ha testimoniato e
compiuto.
Una
bella figura di mamma e di donna, che con passione intraprese la vita politica,
ferma nei suoi principi e coraggiosa nel difendere le proprie idee, proiettate
per il bene di Nardò.
Quest’aula
ne è testimone e, a volte, vorrei tanto che la sua voce coraggiosa si levasse
per ricordarci che stiamo qui per operare per la crescita della nostra città e
per migliorarci, ricercando e trovando più gli aspetti che ci uniscono che
quelli che ci dividono.
L’esperienza
di Renata, per quanto breve, deve essere ricordata, amata ed
emulata.
È
stata stroncata agli albori del suo cammino civile e politico, spezzata quella
notte del 31 marzo 1984, piena di speranza, di passione e di progetti, come un
albero fiorito divelto dalla furia del vento.
Un
delitto che lasciò frastornati tutti i cittadini e ancor più, quando vennero
presi il mandante e gli esecutori: per una manciata di potere si era spezzata
una vita, quella straordinaria vita di Renata.
E
furono tutti condannati a pene severissime.
Una
vita spezzata nell’ambito politico per un’aberrante interpretazione della
scalata al potere da parte di un pretendente del suo stesso partito politico,
illudendosi forse di realizzare chissà quali suoi progetti.
Dire
questo non significa, però, dire che sia stato delitto di mafia e delitto di
mafia per eliminare un ostacolo ad «insediamenti edilizi devastanti», come
nell’area di Portoselvaggio, così come è riportato nel documento che oggi si
pone all’esame e al voto del Consiglio Comunale al fine di titolare quest’Aula
consiliare a Renata Fonte.
Un
Consiglio Comunale -e questo lo affermo pur consapevole di suscitare reazioni e
apparire ingrata verso Renata- deve scuotersi e non deve lasciarsi trascinare
da una corrente che, nel suo pur apprezzabile intento di nobilitare la vicenda,
insiste nel deformare la verità umana e storica, segnata da date certe e da
ogni tipo di documentazione.
Le
battaglie di Renata Fonte erano condotte per la difesa della verità, della
legalità e della costruzione di una Nardò più matura…e noi, invece, nel suo
nome rincorriamo miti e capovolgiamo le date e gli eventi a nostro esclusivo
interesse di apparire contro la mafia o di accattivarci simpatie.
La
mafia si combatte con la verità.
E
se veramente vogliamo rendere omaggio a questa meravigliosa donna e alla
memoria del suo esempio politico, dopo aver segnato la sua testimonianza con
una tomba nel Cimitero, con la dedicazione di un plesso scolastico e di una
piazza cittadina, oltre alla targa presso Portoselvaggio, pur non avendo avuto
alcuna correlazione né temporale, né storica, né umana, dobbiamo ricostruire la
sua storia, affidandone ad esperti lo studio in modo che emerga, una volta per
tutte, il suo ruolo e la sua attività di esponente politico.
Il
ruolo dei Consiglieri Comunali è quello di dare lustro alla propria Città e non
consegnarla, senza alcun riferimento concreto, senza alcun esame e senza alcuna
attenzione, ad operatori di immagini, che ledono la sua storia e ne intaccano
la sua dignità.
Né
possiamo trascurare quanto si sta scrivendo in questi giorni su Portadimare in
merito al ruolo di Renata Fonte in riferimento a Portoselvaggio e al altre
lotte, che sembra siano a lei attribuite, pur non avendo partecipato.
L’associazione
«Libera», che tanti meriti continua ad acquisire, opera bene nel combattere
contro l’illegalità-–e Renata è stata assassinata per deformazione della lotta
politica-, ma ce ne vuole, per il delitto di Renata, per parlare di mafia e
parlare per un evento, cui Renata era del tutto estranea, in quanto non
residente né presente a Nardò.
Parlare
di mafia per una città, la nostra, che, fino a prova provata, non si è
intrecciata per complicità né per omertà con questo esecrando fenomeno, è molto
grave.
Non
fu accertata, non lo è… e solo dopo tale verifica tutti con eguale coraggio
dobbiamo scendere in piazza e lottare, lottare e sempre lottare.
Paesi,
in cui qualsiasi forma di mafia è riconosciuta e sancita, difendono la propria
immagine.
Nardò,
invece, che -ripeto: fino a prova provata- non è interessata, si assegna da sé
l’infamia di essere città di mafia.
Questo
deve fare un Consiglio Comunale? Questo devono proclamare i suoi Consiglieri
Comunali?
Abbiamo
il diritto di infangare la nostra città, i nostri genitori e i nostri
figli?
Nonostante
la Magistratura non avesse trovato elementi di mafia, noi, invece, giocando
sulla dignità della nostra storia, ci arrochiamo il potere di tirarli fuori e
assegnarceli.
A
questo gioco io non ci sto e, mentre mi inchino dinanzi alla bella e
straordinaria testimonianza di Renata per quello che lei è stata, chiedo che
questo argomento venga rinviato ad una specifica seduta, dopo, però,
l’elaborazione di uno studio di ricostruzione dell’attività
politico-amministrativa di Renata Fonte, per la cui concretizzazione invito il
Presidente e il Sindaco ad impegnarsi.
Cons Mirella Bianco
Capogruppo consiliare FI
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